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Il Bambinello Divino prodigioso, della Beata Madre Speranza. Buon Natale a tutti

“Fa, Gesù mio, che la mia anima provi sempre tanta gioia nelle prove che Tu vorrai permettere per me; fa che la Tua bellezza, la Tua bontà e il Tuo amore infiammino il mio cuore di un amore grande per Te; aiutami perché non mi succeda mai di tirarmi indietro di fronte agli sforzi che devo fare per arrivare a quel grado di santità che Tu mi chiedi; fa che, con il Tuo aiuto, io mi ritrovi sempre disponibile a collaborare con Te per la santificazione delle anime, tanto come Tu lo desideri”(beata Madre Speranza: El pan 18, 596).

Madre Speranza amava il Bambinello del presepe, lo amava a tal punto da prenderlo in braccio e coccolarlo, come si fa con un bambino; e il Bambino ricambiava il suo amore movendo il suo piccolo piede. Quale gioia deve aver provato la Madre!

Ella raccontava spesso la storia del Bambinello che attualmente si venera nel santuario di Collevalenza: l’aveva ricevuto in dono da una bambina, quando era ancora nell’altra Congregazione e questa piccola glielo aveva regalato per un semplice motivo di gelosia: desiderava con questo gesto guadagnarsi la simpatia della maestra (la Madre ). Un giorno, mentre la Madre stava terminando una vestina per il Bambino Gesù, suonò la campana che annunciava l’ora del coro. Interruppe subito il lavoro e si mosse verso la chiesa. Il Bambinello cominciò a camminarle dietro da solo e ripeteva: “Visteme, visteme, visteme!” La Madre tirò dritto: non voleva disubbidire al suono della campana. Quando rientrò nella sua cella ci trovò il Bambinello che le disse: “Mi hai trovato, perché mi hai lasciato”. Questo fu il premio che il Signore le aveva dato per il suo atto di obbedienza e puntualità.

Ma c’è anche un’altro prodigio del Divino Bambino e che si trova attualmente ad Alfaro (Spagna).

La sera di Natale le suore e gli orfani della congregazione si ritrovavano a festeggiare il Natale senza nemmeno una statuetta del Bambin Gesù, le suore chiesero a Madre Speranza di acquistarne una, ma la Madre non aveva soldi e già fin troppi debiti, la madre pregò il Padre celeste che gliene regalasse uno per le sue figlie, poiché lui poteva tutto e non poteva permettere che gli orfani e le sue spose passassero il natale senza un Bambin Gesù. Le suore assistettero alla madre in estasi, e il bambino si materializzò nelle mani di Madre Speranza, fù la Vergine Maria a donarglielo.

Come vivere un vero e Santo Natale insieme alla beata Madre Speranza.

La madre percepisce, come Gesù, che tutta la sua vita è una buona novella, è un motivo di allegria che si contagia e che lascia da parte tutte le sofferenze.

Ci ha insegnato che “siamo figli di Dio” … e con questo è detto tutto.

Essa visse tutta la sua vita con la convinzione e la gioia di essere amata da questo Padre, di potersi sentire figlia di tutto un Dio (come era solita esprimersi); ha vissuto così tutta la sua vita e così è morta.

Una allegria che si è trasformata in realtà concrete, in incontri concreti con il più povero, con il più piccolo, con chi soffre, con il peccatore.

La sua allegria balza fuori come il risultato della speranza che la morte non è l’ultima parola della storia. Anche nelle situazioni limite di umiliazioni, di lacrime, di angustie, di calunnie, di dubbi, di tristezza da morte… in tutte le situazioni nelle quali ha dovuto vivere i suoi giorni si è venuta a incontrare sí con la croce del Suo Gesù, che per amore aveva scelto di condividere con Lui, ma con la stessa croce entra nella esperienza della risurrezione che è la vita sul dolore prodotto dall’egoismo e dall’invidia dell’uomo.

“Fa, Gesù mio, che la mia anima provi sempre tanta gioia nelle prove che Tu vorrai permettere per me; fa che la Tua bellezza, la Tua bontà e il Tuo amore infiammino il mio cuore di un amore grande per Te; aiutami perché non mi succeda mai di tirarmi indietro di fronte agli sforzi che devo fare per arrivare a quel grado di santità che Tu mi chiedi; fa che, con il Tuo aiuto, io mi ritrovi sempre disponibile a collaborare con Te per la santificazione delle anime, tanto come Tu lo desideri”(El pan 18, 596).
“Se Tu infiammi il mio cuore del Tuo amore, io potrò accettare con allegria sempre la Tua volontà, anche quando fosse molto difficile. Io Ti devo anche ringraziare per le contrarietà grosse che finora abbiamo incontrato, perché in ultima analisi non ci portano altro che bene” (El pan 15, 136).

Per questo la vita della Madre, pur vissuta in mezzo a tante prove e difficoltà, non fu una vita triste, ma un’ora bella di Vangelo, un’ora bella segnata dall’allegria della resurrezione, vissuta in profondità, fino alla morte.

Era solita dire che una autentica Ancella dell’Amore Misericordioso deve arrivare a mettere tutto il suo impegno per arrivare a conseguire una gran voglia di lavorare e sacrificarsi per il prossimo con allegria…

Lavorare sul serio per il bene degli altri, sentirsi impegnata per il bene degli altri fu la fonte della sua allegria; lo visse come un dono ricevuto dal Signore, lo visse nei momenti dolorosi e sofferti della sua vita, lo visse nelle innumerevoli prove e tensioni di tutti i giorni. Ed essa scriverà: “L’amore se non soffre, se non si sacrifica, non è amore. Chi possiede l’amore di Gesù non può trovare gioia in una vita calma e placida ma si sente sempre disponibile a qualunque sacrificio” (El pan 18, 703).

In Madre Speranza la allegria è come il frutto e il risultato della virtù della speranza, la quale le dà la certezza di “poter chiamare Padre a tutto un Dio…” e la certezza di essere figli di Dio. Il sentirsi chiamata e impegnata a lavorare per il bene degli altri

♦ la riempie di gioia, come Gesù si sentì riempire di gioia quando i settantadue tornavano dall’essere stati ad annunciare la Buona Novella e a fare del bene a tanta gente (Lc 10, 21);

♦ la spinge ogni giorno di più a uscire dal proprio egoismo, a non pensare più a se stessa e a vivere per gli altri;

♦ e in questo sente tutta la nobiltà di essere chiamata a collaborare in un progetto di Dio.

Una virtù della speranza vissuta nei momenti di tutti i giorni, produce buon umore e allegria; porta a scoprire e a vivere il lato positivo di ogni cosa, di ogni persona, di ogni circostanza e quasi non nota o, perlomeno, non dà peso al lato negativo che pure è presente. Scrive: «Figlie mie, la gioia e la felicità di una Ancella dell’Amore Misericordioso ha le sue radici nell’amore.

♦ L’amore trasmette anche la forza per saper soffrire qualunque cosa, se si ama;

♦ L’amore infinito di Dio dà gioia e quiete all’anima;

♦ Se noi ci ricordassimo che tutte le circostanze della nostra vita sono permesse e volute dall’amore infinito di Dio, io sono certa che noi non avremmo nessun motivo per cadere tanto facilmente nel turbamento e nella perdita della pace interiore;

♦ Nessuno ci può togliere la pace e la tranquillità nelle nostre Case;

♦ Figlie mie, siate sempre molto allegre e contente, perché di fatto non abbiamo motivo per
un’altra cosa».


Ma c’è anche un ulteriore prodigio del Divino Bambino

Madre Speranza amava il Bambinello del presepe, lo amava a tal punto da prenderlo in braccio e coccolarlo, come si fa con un bambino; e il Bambino ricambiava il suo amore movendo il suo piccolo piede. Quale gioia deve aver provato la Madre!

Ella raccontava spesso la storia del Bambinello che attualmente si venera nel santuario di Collevalenza: l’aveva ricevuto in dono da una bambina, quando era ancora nell’altra Congregazione e questa piccola glielo aveva regalato per un semplice motivo di gelosia: desiderava con questo gesto guadagnarsi la simpatia della maestra (la Madre ). Un giorno, mentre la Madre stava terminando una vestina per il Bambino Gesù, suonò la campana che annunciava l’ora del coro. Interruppe subito il lavoro e si mosse verso la chiesa. Il Bambinello cominciò a camminarle dietro da solo e ripeteva: “Visteme, visteme, visteme!” La Madre tirò dritto: non voleva disubbidire al suono della campana. Quando rientrò nella sua cella ci trovò il Bambinello che le disse: “Mi hai trovato, perché mi hai lasciato”. Questo fu il premio che il Signore le aveva dato per il suo atto di obbedienza e puntualità.

La Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso è nata la notte di Natale del 1930. Non è un caso, ma un preciso disegno divino. Dio nato povero tra i poveri, avendo grandi progetti su Madre Speranza e le sue Congregazioni, volle che desse origine alle sue opere nella povertà più assoluta.

Scrive Madre Speranza nel suo diario: «Il giorno 24 dicembre del 1930 ci riunimmo in una stanza dell‘appartamento che la Contessa de Fuensalida ci aveva preso in affitto nella Calle Velázquez, 97, Madre Pilar, Suor Ascensione, Soledad ed io. Il Padre Postìus venne nel pomeriggio, ci riunì e facemmo i voti privati…».

Si può pensare ad una povertà più estrema di questa per la fondazione di una congregazione religiosa? Non avevano neppure un letto dove potersi coricare, ma solo un vecchio materasso su cui posare il capo, da dividere in sei persone.

Quanta correlazione fra la nascita del Figlio di Dio e la fondazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso!

Dio, Creatore e Padrone del mondo, ha scelto un riparo per gli animali per farsi uomo. Egli non ha avuto una soffice culla, ma una ruvida mangiatoia… Madre Speranza, prescelta da Dio per compiere grandi cose, un duro pavimento dove sdraiarsi per riposare un po’.

La nostra Madre ha sempre vissuto, e fatto vivere a tutti coloro che stavano con lei, il giorno di Natale in maniera veramente speciale. Desiderava che le Ancelle si preparassero intensamente e con grande amore alla festa della venuta sulla terra di Gesù.

In preparazione al Natale scrive così alla sue Figlie: «Nell‘avvicinarsi dell‘anniversario della nascita del nostro dolcissimo Gesù io spero che tutte vi troviate impegnate a prepararvi per riceverlo nella santa notte con un cuore infiammato dal fuoco dell‘amore e per fargli omaggio dell’oro della carità, dell‘incenso della preghiera e della mirra della mortificazione. Non possiamo dimenticare che Gesù volle che in questa santa Notte nascessero povere, sole, disprezzate e perseguitate anche le Ancelle del suo Amore Misericordioso»(El pan 20, cir 6).

Scrive ancora la Madre: «Vi penso tutte molto fervorose e impegnate nel preparare i vostri cuori a ricevere Gesù appena nato. Facciamo in modo che il buon Gesù trovi i nostri cuori caldi per il fuoco dell’amore e della carità» (El pan 20, cir 8).

Racconta e ricorda Madre Gemma (profili di Madre Speranza n. 11 “Come è buono il Signore!”): «Nonostante il lavoro che teneva impegnate le Suore, comunque si trovava il modo di preparare i “Bambinelli” ed i presepi sparsi qua e là per la casa: tutti diversi e significativi, che poi la Madre il giorno di Natale andava a vedere accompagnata dalle figlie. Infatti dopo l’Ora di Adorazione e la partecipazione alla S. Messa di mezzanotte, resa suggestiva dai bellissimi canti natalizi spagnoli con il suono delle nacchere e dei tamburelli, ci si raccoglieva in sala con i Padri per fare gli auguri alla Madre. Con quale allegra energia invitava le Suore a ballare le tradizionali “jotas” delle diverse regioni della Spagna. Ad un tratto, un grande silenzio ed incominciavano gli “alleluia” ad un cenno della Suora più anziana.

Ne trascriviamo alcuni:

Una suora intona, improvvisando sulla melodia di un canto popolare spagnolo, questi versi.

“Yo te pido, Jesùs mio, con muchisimo fervorIo ti chiedo, Gesù mio, con grandissimo fervore

“que por siempre en mí reine la humildad y el amor”.che regnino per sempre in me l’umiltà e l’amore.

E la Madre, pronta, risponde a tono:

“Muy llena de timidez esta hija, Jesùs mío,Molto timida questa figlia, Gesù mio

“te ha suplicado dos cosas que espero se las concedas”.Ti ha chiesto due cose che spero le concederai.

Poi subito un’altra suora canta:

“Jesús mío, junto a ti yo me agarraré a la MadreGesù mio, vicino a te io mi aggrapperò alla Madre

“y caminaré siempre segura, mientras dure en este valle.”e camminerò sempre sicura in questa valle.

E la Madre pronta:

“Has oído, Niño amado, lo que esta hija ha cantado.”Hai sentito, Bambino amato, ciò che questa figlia ti ha cantato.

“cógela Tú de la mano y ponla sempre a mi lado”prendila tu per mano e mettila sempre vicino a me.

E così per venti-trenta volte. La Madre risponde a tutte le Suore che, scherzando, provocano la sua battuta sempre appropriata e stimolante al bene. Ricorda Suor Maria Annunziata:

Negli anni 1959-1960 mi trovavo nella nostra Comunità di Roma e, nei giorni prossimi al S. Natale, venne la Madre. Tutte noi siamo accorse per accoglierla al suo arrivo in Via Casilina; guidava la macchina Padre Alfredo e si fermò proprio vicino all’ingresso interno (dov’è la campana); scendendo dalla macchina la Madre ci salutò cantando:

“Yo, pobre gitanilla, ¿al Niño qué diré?Io, povera zingarella, al Bambino che dirò?

No la buenaventura, que esto no puede ser.Non la buona ventura, questo non è possibile.

Diré que me perdone lo mucho que pequéGli dirò che mi perdoni il molto che ho peccato,

Y en la mansión eterna un ladito me dé”.e nella dimora eterna mi doni un posticino”.

Nel pomeriggio, a ricreazione in sala, la Madre ci rallegrò cantando a Gesù Bambino gli alleluia (brevi strofette in rima, con la solita musica natalizia). La Madre teneva la statua di Gesù Bambino sulle ginocchia. Lei cominciava a cantare e qualcuna di noi rispondeva, o viceversa. La Madre aveva una risposta pronta per tutte, con allegria e ispirazione.

Ricordo che alla mia domanda:

“Io ti chiedo, Gesù mio,

che per carità Tu faccia

che questa tua piccola serva

un dì veda la tua faccia.”

La Madre così mi rispose:

” Yo creo, Jesús mío,

que mucho te habrá agradado

lo que esta hija te pide

y le harás este regalo”.

A Collevalenza , al mattino, nei primi anni della casa del pellegrino partecipava addirittura al canto natalizio che alcune suore facevano per svegliare i pellegrini nei vari piani! Si può immaginare la loro sorpresa e gioia. Racconta Suor Imelda:

Tutto il tempo dell’Avvento era una intensa preparazione a due grandi ricorrenze: la nascita di Gesù e la fondazione della nostra Congregazione. La Madre non poteva fare a meno di abbinare queste due realtà e ce ne parlava, raccontandoci i minimi particolari di quella benedetta notte del 24 dicembre 1930. Tutto si trova scritto nella storia della Congregazione, ma sentirlo raccontare dalla viva voce della Madre, aveva tutto un altro sapore! E ci dava una pallida idea di quanta gioia ed emozione riempivano il cuore delle prime Ancelle e della Madre.

In quei giorni avevano inizio i famosi “vi-llancicos”; ogni suora che lo volesse poteva cantare un villancico e la Madre rispondeva.

Una volta, accorgendosi della nostra curiosità, la Madre rispose cantando:

“Yo te pido, Jesús mío,Io ti prego, Gesù mio,

por esta hija tan curiosa:

per questa figlia così curiosa:

hazle comprenderfalle comprendere

que es tu esposa”.che è tua sposa.

Il nostro impegno cresceva man mano che si avvicinavano le feste di Natale. Molto spesso ci ripeteva: “Figlie, prepariamoci bene, se vogliamo godere di quella gioia e pace che gli Angeli annunciarono ai pastori; gente semplice, ma ben disposta”.

Alle ore 11,30 del giorno 24 ci trovavamo tutte puntuali in cappella per le celebrazioni sacre.

L’indomani, al mattino presto, ci aspettava un altro appuntamento: svegliare la Madre con qualche canto, composto dalle suore e che conteneva il racconto degli ultimi incontri tra lei e Gesù. Una volta ci disse che Gesù era contento di come le figlie si erano preparate alla festa del Natale e che questo le aveva fatto grande piacere. Le suore allora aggiunsero ad un tradizionale canto natalizio spagnolo, la frase seguente:

“Esta mañana el Niño ya no lloraba,Questa mattina il Bambino Gesù non piangeva più

porque Madre Esperanza lo acariciaba”.perché Madre Speranza lo accarezzava

Anche il Capodanno e l’Epifania erano occasione di maggiore espansione comunitaria. Si attendeva l’arrivo della Befana come i bambini! La Madre, nella sua grande povertà, alcuni giorni prima della festa, ci faceva scrivere in un bigliettino cosa desideravamo ricevere. Partecipavano della nostra gioia pure i pellegrini, dopo che è entrata in funzione la Casa del Pellegrino. Infatti, terminata la S. Messa di mezzanotte, c’era lo scambio generale degli auguri. Al mattino la Madre ci mandava in tutti i piani a cantare e augurare ai pellegrini un buon Natale. Tutti gli ambienti degli ospiti venivano addobbati con semplicità e decoro. Particolarmente la sala da pranzo, tutta ispirata al Natale. La gioia più grande di cui hanno goduto gli ospiti dei primi tempi è stata quella di vedere la Madre che, insieme a noi, portava loro l’augurio di buone Feste, di salute e tanta pace. Tutti uscivano dalle loro stanze, curiosi di vedere da dove venivano quei canti, accompagnati dal suono dei tamburelli e delle nacchere e quale stupore si dipingeva sul loro viso al vedere la Madre.“Siate contente e molto allegre, figlie mie, perché realmente ne abbiamo motivo”…

La gratitudine profonda che la Madre esprimeva spesso al Signore e per ogni circostanza della vita era espressione del suo cuore contento e generoso. Il suo grazie era fatto di preghiere, di sacrifici, di maggiore impegno nelle virtù, nel lavoro, ma tutto sempre con tanta gioia.

Anche il dolore è per lei motivo di gioia se abbracciato per amore di Gesù: “Chiedo al buon Gesù che vi faccia comprendere, più con i fatti che con le parole, che, quando si ama fortemente Dio, si sperimentano tali gioie nel dolore, che si arriva a desiderarlo, a sognarlo e non si può vivere se non sulla croce” (Circ. 24 Ottobre 1952).

E ancora: “Figlie mie, grande è la gioia quando si rimane come vittime sull’altare del sacrificio per essere consumate dall’amore” (El pan 5, 33-35).

I tramonti di Collevalenza sono particolarmente caratteristici e la Madre, seduta sulla terrazza della Casa del Pellegrino, non si stancava di ammirare i colori e la suggestiva lenta trasformazione. Non aveva parole, solo diceva: Mira, mira (guarda, guarda); poi ripeteva con santa Teresa: “Se è così bello il rovescio del cielo, come sarà dove abita il mio dolce Sposo ?”.

Con i bambini. “Credo che non ci sia opera più grande e più gradita a Gesù di quella di insegnare il catechismo a loro. È cosa grande imprimere l’immagine di Gesù nel cuore del bambino”(El pan 5, 323-325). La presenza di Gesù in quelle candide creature spiega il suo modo affettuoso e delicato di trattarle, quasi con venerazione, come faceva con la statuetta del Bambino Gesù che copriva di baci e di carezze, mentre gli esprimeva il suo ardente desiderio di rivederlo ancora.

E ancora, con gli ultimi, con i poveri, con i peccatori e con tutte le persone che si sono rivolte a lei: per tutti è stata la Madre.

BUON NATALE – DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO – A TUTTI